Il sogno di Aleramo

 

Cavalcò senza sosta per tre giorni e tre notti. Dalle foreste dense di ombre inquietanti e dalle paludi infide lungo le rive del Po, attraverso alle colline di una terra forte e dolcissima sfiorata dall'aria tiepida del mare vicino. Tre cavalli aveva sfiancato nella sua corsa contro il tempo, perché tutto il territorio che Aleramo sarebbe riuscito a "marchiare" con la sua presenza gli sarebbe stato assegnato in possesso e governo. Così aveva stabilito nella primavera del 967 l'imperatore Ottone I, a Ravenna, dove si era accampato con il suo esercito dopo aver piegato la ribelle Brescia, grazie al coraggio e al valore di Aleramo, premiato dalla dignità di marchese. Risvegliatosi da un lungo sonno senza sogni, conclude il suo letargo secolare con il ricordo di una pericolosa caduta da cavallo. Tra mille meraviglie e paure, è sconvolto dalla presenza di cellulari, computer, televisori, automobili, aerei, uomini e donne vestiti in modo strano che corrono indaffarati e parlano una lingua dolce e incomprensibile. Scopre di non essere più nel 967, ma nel 2015. Il silenzio e il verde delle colline del Monferrato, dominate dai castelli medievali, gli sono familiari. Quella aspra e gentile terra nata dalla prodezza di Aleramo, quell’esultante di castella e vigne suold' Aleramo cantata da Giosue Carducci, che dalle acque del Po si incunea nell'Appennino verso la Liguria, stemperandosi nella pianura alessandrina e verso le colline delle Langhe, è oggi Patrimonio mondiale dell'Umanità, come 50° sito italiano.